lunedì 24 febbraio 2014

Volevo solo chiuderle gli occhi

Bologna, in un inverno cupo e gelido, fatto di poca luce e molte ombre, viene trovato il corpo di Giulia Marini, figlia del principe del foro Adolfo Marini. Il cadavere è stato rinvenuto nell'austero, centrale e lussuosissimo studio Marini e associati, universo costituito da una moltitudine di caratteri costretti a convivere fianco a fianco nella frenesia e nella competitività reciproca.
Tutto sembra muoversi a folle velocità, nemmeno la morte della perfida Giulia sembra dipanare l'aura di cattiveria, diffidenza e malignità che ammorba il gruppo, anzi, quasi ognuno sembra avere un motivo per gioire della morte della donna. Gli alibi scarseggiano, i segreti abbondano.
Particolare inquietante, Giulia è stata sottoposta ad un vero e proprio rito mortale, con occhi e bocca cuciti con ago e filo.
Gelosia, rabbia, vendetta?
O un serial killer all'inizio dell'opera?
Il commissario Volpi dovrà indagare a lungo per sbrogliare la matassa fino al colpo di scena finale, che come nel più classico dei gialli, lascia il lettore a bocca... cucita!

Di questo romanzo di Katia Brentani ho apprezzato l'ambientazione e il tono crepuscolare, il personaggio del commissario Volpi è costruito con garbo e con quella sofferenza che lo rende molto umano, molto vicino a chi legge. La trama è fatta di relazioni e rapporti insospettabili, alcuni strettamente legati alla vittima, altri facenti parte di un altro mondo.

Ma a volte i mondi collidono.

Un libro che si legge volentieri, con continui colpi di scena e con una scrittura asciutta che indugia sulla digressione il necessario (molto toccante il contesto familiare di Volpi e famiglia), preferendo tenere il lettore incollato agli eventi.
Non ci si annoia mai.
Una bella scoperta, a riprova del fatto che a Bologna e dintorni esistono un'infinità di talenti che definire scrittori 'locali' è quantomai riduttivo.

Questo mi ha dato lo spunto per un post che pubblicherò nei prossimi giorni, in cui parlerò anche di Polizia di Jo Nesbo.

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